QUANDO A SCUOLA L’IMPEGNO NON BASTA: DISLESSIA E DINTORNI
Cosa sono i DSA?
Imparare a leggere è un po’ come imparare a guidare: all’inizio ci si mette al volante desiderosi di padroneggiare il mezzo, mentre qualcuno di fianco suggerisce cosa fare. Basta un po’ di pratica e quei gesti diventano sempre più familiari, o meglio, automatici; quando questo accade si può dire di aver raggiunto il proprio obiettivo. Bene! Ora supponiamo che questo processo di automatizzazione non si verifichi, che nonostante tutte le lezioni ogni volta si debba pensare a cosa fare. Vediamo amici e conoscenti andare disinvolti, mentre noi stiamo lì a pensare: “giro la chiave, metto la prima, già devo premere la frizione, ah no! questo è l’acceleratore …”; insomma, quanti di noi vorrebbero affrontare un viaggio in queste condizioni? Eppure è all’incirca questo quello che accade ai bambini che soffrono di dislessia quando si mettono alla lettura di un brano; questi bambini, infatti, non sono in grado di automatizzare il processo di lettura, devono soffermarsi su ogni sillaba, analizzandola di volta in volta, senza che ci sia un riconoscimento diretto della parola. Facciamo un altro esempio per chi non ha la dislessia: certamente sarà possibile leggere rapidamente le parole nel primo gruppo, sarà più difficile invece le “non parole” del secondo gruppo (basta usare un cronometro per verificarlo):
PAROLE
Marmellata-Elefante-Semaforo-Termosifone-Bicicletta-Tavolino-Elicottero-Cioccolata-Fiammifero-Coccodrillo
NON PAROLE
Taramellemena-Fetanele-Rofaneso-Fosinotrome-Telcidita-Lovatoni-Tociletero-Tolacocica-Formaimefi-Dorolocilco [1]
I bambini dislessici leggono le parole più o meno nel modo in cui i “non dislessici” leggono le non parole, eppure sono intelligenti come gli altri, non hanno problemi uditivi o visivi tali da giustificare un disturbo, non hanno alle spalle famiglie problematiche e non hanno problemi comportamentali o disagi emotivi, questi ultimi due, semmai, subentrano in seguito. I bambini dislessici hanno, dunque, un deficit che riguardo esclusivamente la lettura, da qui nasce la definizione di “Disturbo Specifico dell’Apprendimento” (DSA). Accanto alla dislessia ci sono gli altri Disturbi Specifici dell’Apprendimento, che possono manifestarsi da soli o insieme: disortografia, disgrafia e discalculia. I primi due riguardano la scrittura nella componente ortografica e nell’aspetto grafo-motorio. La discalculia riguarda, invece, la competenza logico-matematica.
Quali sono i “campanelli d’allarme”?
La dislessia si può diagnosticare nella scuola primaria, cioè quando al bambino viene richiesto espressamente di leggere, ma in realtà è da sempre presente, anche se non “salta all’occhio”. Spesso i bambini dislessici hanno in anamnesi un ritardo o un disturbo specifico del linguaggio. Durante i primi anni nella scuola primaria sono tanti i segnali a cui prestare attenzione, ricordandosi, innanzitutto, che tutti i bambini hanno voglia di imparare e che se un bambino si rifiuta di leggere una ragione c’è e, dislessia o altro, sarà bene cercarla. Ad ogni modo i campanelli d’allarme sono: eccessiva lentezza, confusione tra segni diversamente orientatati nello spazio (p-b; u-n; a-e), che differiscono per piccoli particolari (c-e; f-t) o che corrispondono a suoni che si assomigliano (f-v; t-d); omissione di grafemi e di sillabe (fonte-fote; tavolo-tavo); salti di parole e salti da un rigo all’altro; inversione di sillabe (in-ni; cavolo-calovo) aggiunte e ripetizioni (tavolo-tavololo); trasformazione di parole (masca-lzone anziché masca-rpone). Tali problematiche possono tradursi anche nella lingua scritta, nell’apprendimento logico-matematico, nella memorizzazione di sequenze, come i giorni della settimana o i mesi, e nelle autonomie come vestirsi, abbottonarsi e allacciarsi le scarpe.
Come avviene la valutazione?
Generalmente una diagnosi è possibile tra la fine della seconda elementare (dislessia/disortografia/disgrafia) e la fine della terza (discalculia); sebbene i prerequisiti all’apprendimento possano essere già valutati prima, soprattutto nei casi in cui ci sia stata un’acquisizione tardiva del linguaggio o ci siano in famiglia altri casi di DSA. La diagnosi viene fatta dalla ASL o da un servizio privato, con successivo riconoscimento da parte del Sistema Sanitario Nazionale, le procedure variano a seconda delle regioni. Durante la valutazione è importante effettuare un colloquio con i genitori per raccogliere l’anamnesi e comprendere se ci sono altri fattori che interferiscono sull’apprendimento. Sono poi valutate, attraverso prove specifiche, le abilità di lettura, scrittura e calcolo e, attraverso una batteria di test pensati per l’infanzia, il funzionamento intellettivo e le varie abilità cognitive come memoria, attenzione e percezione. Questo consente di delineare un profilo su cui costruire un intervento terapeutico e sulla base del quale chiedere alla scuola, in riferimento alla legge n.170/2010, la stesura di un piano didattico personalizzato (PDP) e la definizione di strumenti compensativi e dispensativi che garantiscano il raggiungimento degli obiettivi fissati per il resto della classe.
Perché intervenire precocemente?
I DSA interessano oltre il 4% della popolazione scolastica. Non sono una malattia, pertanto non esiste una “cura”, ma si possono trattare grazie all’aiuto del logopedista e della scuola che attraverso il PDP può predisporre l’uso di strumenti compensativi, come la calcolatrice, o dispensativi, come il non chiedere al bambino di leggere ad alta voce, a meno che non ne faccia richiesta. Sostanzialmente la dislessia e gli altri DSA non si “eliminano”, ma si “compensano”, l’unica cosa su cui si possono battere è il tempo, prima si interviene e maggiori saranno le possibilità, per il bambino, di raggiungere gli stessi obiettivi dei coetanei, evitandogli inutili frustrazioni e sofferenze e consentendogli una carriera scolastica aperta a tutte le possibilità, università compresa!